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Daniele Ferretti - Audiovisivi e fotografia

Daniele Ferretti è un fotografo e autore Fiaf. Realizza audiovisivi fotografici, serie fotografiche e shooting

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Un racconto che disorienta

Immagine della Rievocazione storica de “Il Solenne Ingresso”

L’audiovisivo fotografico non è semplicemente una serie di immagini suggestive accompagnate da una musica di sottofondo. È un’idea diffusa, ma riduttiva, perché questa forma espressiva ha un suo linguaggio specifico, con regole ben definite.

Le fotografie, pur restando al centro, non stanno mai da sole: si intrecciano con altri elementi visivi e sonori che arricchiscono il racconto, creando insieme un tessuto narrativo più ampio e complesso.

Chi arriva dalla fotografia “pura”, dove ogni immagine è un mondo a sé, può sentirsi spiazzato. Non basta infatti allineare una serie di belle immagini: senza un filo conduttore, un’idea chiara e un messaggio forte che attraversi l’intero lavoro, il racconto perde coesione e incisività.

Ciò che fa davvero la differenza è l’armonia tra i diversi elementi, l’equilibrio che trasforma una semplice sequenza in una storia che resta impressa.

Un racconto a più voci

Nell’audiovisivo fotografico il focus si sposta quindi dal singolo scatto a un racconto più ampio che può far uso di:

  • musica: dà ritmo, crea tensione, racconta quello che a volte le immagini non dicono. È il cuore emotivo del racconto.
  • effetti sonori: fanno emergere dettagli nascosti, costruiscono atmosfere, richiamano ricordi.
  • voce narrante: può raccontare, confondere, dare voce a un’idea o trasformarla in un sogno ad occhi aperti.
  • testi: non sono solo parole, diventano parte dell’immagine e del senso.
  • pause e silenzi: momenti preziosi che lasciano respirare il ritmo.
  • inserti video: dosati con cura, aprono finestre sulla realtà e allargano gli orizzonti della storia.
  • elementi grafici: testi, linee, disegni, sovrimpressioni… tutto quello che orienta o disorienta lo sguardo.
  • immagini e video generati con l’AI: aprono nuove strade visive e fanno volare la fantasia.
  • animazioni e transizioni: aggiungono movimento, ritmo, astrazione e a volte spingono il racconto verso il simbolico.

Ognuno di questi elementi deve trovare posto all’interno di una struttura pensata per comunicare un'idea.

Non si tratta di accostare materiali, ma di costruire un senso. Un po’ come avviene in un portfolio fotografico: le fotografie non sono messe in fila per riempire uno spazio, ma per raccontare una visione coerente.

Oltre l’autorialità fotografica

Ci sono audiovisivi che si spingono ancora oltre, mettendo quasi in discussione il ruolo stesso della fotografia.

Alcuni si costruiscono interamente su materiali visivi non originali con fotografie recuperate da immagini d’archivio oppure online. Specie in ambito documentaristico, è frequente imbattersi in opere realizzate esclusivamente con fonti esterne.
Ci sono anche lavori che si sviluppano attorno a una sola immagine o addirittura non contengono alcuna fotografia, affidando l’intero impianto visivo a grafica, animazione o anche a immagini generate con l’intelligenza artificiale.

Per chi considera la fotografia una specie di sacro totem, certe deviazioni possono sembrare quasi irriverenti. E davanti a lavori particolarmente sperimentali non è raro sentir dire: “Sì, ok… ma la fotografia dov’è?” (e anch’io mi ponevo questo interrogativo all'inizio, lo confesso).

La verità è che quando un audiovisivo funziona, non è tanto per la bellezza delle singole immagini, ma per l’equilibrio – fragile e mutevole – che si crea tra tutti gli elementi. E anche
senza una galleria d’autore alle spalle, alcuni lavori restano a pieno titolo audiovisivi fotografici, se costruiti secondo la grammatica del mezzo: quella relazione viva tra visivo, sonoro e temporale che dà forma al racconto.

Trovare il punto di equilibrio

Vi porto l'esempio di "Mi chiamo Günter", un audiovisivo che ho realizzato nel corso di circa quattro mesi, tra scrittura, montaggio, ricerca e studio della vicenda narrata. E' una dimostrazione di quanto possa essere stratificata la costruzione di un racconto con diversi linguaggi, non solo mettendoli insieme ma cercando di trovare un equilibrio tra tutti gli elementi.

In tutto l’audiovisivo ho utilizzato una sola fotografia scattata da me (quella del memoriale del Muro di Berlino, dove compaiono i volti delle vittime). Avevo molte altre immagini che avrei potuto inserire ma quella singola foto era sufficiente e funzionale a tutto il racconto.

Molto del materiale visivo proviene da fonti di pubblico dominio (come le fotografie e i filmati d’archivio della Berlino degli anni ’50) oppure da repository di immagini per le quali ho una licenza d'uso.

Alcune immagini d'epoca non sono altro che singoli frame che ho estrapolato dai video storici, altre immagini le ho riadattate con l’intelligenza artificiale per meglio aderire al tono della storia (ho creato anche una versione del video che non fa uso dell'AI).

La sequenza finale della fuga di Günter è una combinazione di diverse fonti video, originariamente di natura molto differente, ma combinate in modo da risultare coerenti con la storia.

Quanto alla parte sonora, ho inserito alcune registrazioni radiofoniche originali, affiancate da effetti sonori che aiutano a ricreare l’atmosfera di particolari sequenze. La musica l'ho rielaborata con tagli, ripetizioni e pause, in modo da poter seguire il ritmo narrativo. La voce narrante, affidata a uno speaker professionista, ha dato carattere e profondità al testo.

In alcuni passaggi, anche il testo stesso entra nella scena, come nella sequenza con la macchina da scrivere, dove le parole si imprimono sullo schermo diventando parte attiva del racconto. E ho inserito anche elementi grafici – come la mappa della città – per rendere più chiara la geografia della vicenda.

Curioso di vedere il risultato finale del lavoro? Puoi farlo cliccando qui.