Sono approdato per caso al mio primo Carnevale veneziano nel 2013, come il più ingenuo dei turisti e fotografi dilettanti.
Certe maschere sanno incantare. Fiere e sinuose, dettano le regole dello stile e primeggiano in quel palcoscenico unico e speciale che è il carnevale. "I'm the one", sembrano dire quando posano. La celebrazione dell'arte e dell'ego, insieme.
Ho provato ad interpretare questi personaggi rompendo un po' con l'iconografia convenzionale, puntando dritto sulla personalità dei soggetti ritratti. Spesso l'ho fatto ispirandomi ai vecchi ritratti d'epoca e a quei grandi autori del passato che trascorrevano ore a dipingere facce nobili e maestose. Quelli che trattavano la luce come se fosse una diva da Oscar e non semplicemente un mezzo per illuminare.
Dopo tanti anni, quando fotografo al carnevale mi pongo la solita regola: nessuna maschera che copra il viso e occhi ben visibili. L'unico modo, in fondo, per scavare nell’intimità delle persone.
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Roger Judrin
"Il volto è il teatro dell'uomo.
Lì è più nudo e più mascherato"
Dal 2024 ho deciso di esplorare l’intelligenza artificiale. In alcune immagini è entrata a far parte del processo, ma non con l’intento di modificare il soggetto ritratto, che resta autentico. L'ho utilizzata per creare le ambientazioni, cornici capaci di trasportare i personaggi in un altro mondo, in un universo che arricchisce e completa la loro personalità.
La maschera rimane reale, la sua essenza intatta. L’unico cambiamento risiede nel contesto che la avvolge, a volte onirico, a volte surreale. Mi piace pensare che questa collaborazione tra uomo e macchina non sottragga magia al ritratto, ma la amplifichi.
Inoltre, la scelta di passare dal formato verticale a quello orizzontale ha consentito di dare più respiro al ritratto. La composizione si è ampliata, come un invito a entrare nell’universo del soggetto e ad allargare la prospettiva di chi osserva.
Carnevale di Venezia 2025
"La maschera del Carnevale di Venezia è con molta probabilità il soggetto che detiene il podio per accattivante retorica, estetica convenzionale e risultato prevedibile. I ritratti di Daniele Ferretti dimostrano l’esatto contrario sorprendendo al punto tale da rendere difficoltosa una loro interpretazione, sia in termini stilistici che concettuali. Sembra che il viaggio, intrapreso dal fotografo, verso l’intenzione di svelare cosa ci fosse dietro la maschera, l’abbia inaspettatamente portato alla scoperta di una maschera ancor più emblematica e impenetrabile, dove il confine tra l’identità e il personaggio sono talmente labili da mettere in discussione la reale esistenza di entrambi. L’opera di questo artista dimostra che il linguaggio fotografico, in un momento di inflazione e saturazione come quello che stiamo vivendo, ha ancora il potere di interpretare profondamente l’anima umana e di mettere in discussione l’osservatore senza particolari artifizi se non la grande padronanza e sensibilità del suo traduttore."
(Elena Pascolini)
Carnevale di Venezia 2024
"Ando Gilardi, fotografo e storico della fotografia, dichiara che per fare dei buoni ritratti, la prima cosa essenziale è l’educazione dell’occhio; cioè quella facoltà che lo renderà atto a vedere quello che vuole riprodurre. E Daniele Ferretti mi sembra abbia ben chiaro come vuole rappresentare i suoi personaggi: secondo i suoi principi di ricerca del bello, dell’armonia delle forme, della linearità della composizione. Ritratti pittorici dove per la maggior parte i protagonisti ci guardano dritti negli occhi e, come scrive Roland Bartes nei suoi saggi, l’effetto prodotto è di verità. Lo sguardo agisce come l’organo stesso della verità: il suo spazio d’azione si situa al di là dell’apparenza che quanto è percepito sia più vero di quanto semplicemente si offre alla vista. Pur nella teatralità della messa in scena sembrano dirci: “eccomi, sono realmente io, nella mia condizione, nella mia epoca”."
Carnevale di Venezia 2013-2023
"Vedere stampe di buon formato rende molta più giustizia ai lavori di Daniele, potendo cogliere dal cartaceo sfumature e particolari che sul monitor è difficile rendere e poter cogliere appieno. Questo aspetto “tecnico” non fa perdere però ai ritratti di Daniele il fascino di quei volti, usciti da chissà quali realtà; ritratti in cui la gestione delle luci assume un ruolo fondamentale per mettere in mostra i tratti somatici e le espressioni dei soggetti fotografati, ma anche i particolari dei tessuti, dei merletti che impreziosiscono gli abiti. Sapienti giochi di chiaroscuri guidano l’occhio di chi osserva, facendo apprezzare ritratti di non comune fattura."
(Sauro Marini)