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L'audiovisivo fotografico è una narrazione visiva, è cinema senza essere cinema, è poesia fatta di immagini. Molti lo confondono con un semplice slideshow di foto con sottofondo musicale, ma è qualcosa di molto più potente.
Nell'audiovisivo fotografico le immagini diventano racconto, la musica evoca ambientazioni, le parole portano in scena personaggi e pensieri. È a tutti gli effetti, una forma d’arte a sé stante, ma oggi finisce spesso in secondo piano, oscurata dal fragore di linguaggi visivi più immediati e dominanti.
Eppure, l’audiovisivo fotografico ha una storia ricca e affascinante, fatta di sperimentazioni coraggiose, di passione autentica e di visioni artistiche che meritano ancora attenzione.
In origine
Probabilmente l'antenato dell'audiovisivo è la proiezione con lanterna magica, che tra Settecento e Ottocento incantava il pubblico europeo.
Questo spettacolo, chiamato anche phantasmagoria, combinava immagini dipinte su vetro, luci mobili, musica dal vivo e talvolta voci recitate per creare atmosfere oniriche, inquietanti o poetiche. Già allora si capiva che l’immagine da sola non bastava: era la sua relazione con suoni e ritmo a generare emozione.
Il diaporama
Con l’avvento della fotografia e poi del cinema, l'uso combinato di immagini fisse, dissolvenze, testi e musica cominciò ad assumere una forma più strutturata.
Negli anni ’50 e ’60, si diffusero le proiezioni di diapositive sincronizzate con audio: le cosiddette diaporama, forma embrionale dell’audiovisivo fotografico contemporaneo.
Il termine nacque in Francia, da “diapositive” e “panorama”. I primi autori francesi iniziarono a utilizzare due proiettori a dissolvenza incrociata, con accompagnamento musicale registrato.
Non erano semplici sequenze di immagini, ma vere e proprie composizioni visuali, capaci di raccontare ed emozionare.
Il movimento si sviluppò in ambienti culturali, fotografici e teatrali, dove la luce proiettata, il ritmo delle dissolvenze e la scelta musicale erano strumenti narrativi a tutti gli effetti.
Le macchine per diapositive
La diffusione di questo movimento ricevette una spinta decisiva grazie a strumenti semplici ma efficaci, come le macchine per diapositive. Questi apparecchi, pensati per l’uso domestico, trasformavano qualsiasi parete in uno schermo, portando il diaporama direttamente nelle case delle persone.
Le diapositive venivano caricate in magazzini a slitta o a carosello, capaci di contenere decine di fotogrammi incorniciati in plastica o vetro. Le macchine più avanzate potevano persino sincronizzarsi con l’audio tramite nastri magnetici o impulsi, gestite da telecomandi, e realizzare dissolvenze lente e perfette.
Dietro a ogni proiezione di diaporama, c’era spesso l'arte paziente di autori meticolosi che passavano ore a progettare il percorso delle immagini, scegliendo con cura l’ordine, il dialogo visivo tra uno scatto e l’altro, e calibrando i silenzi tra una nota e la successiva.
La diffusione in Europa
Negli anni ’60 e ’70, il diaporama si diffuse anche in altri paesi europei, in particolare in Germania, Spagna, Svizzera e Italia, dove venne accolto inizialmente dai circoli fotografici e dagli appassionati di fotografia analogica.
Successivamente, negli anni ’80 e ’90, i diaporami venivano spesso presentati in teatri o sale di proiezione per vivere l’esperienza audiovisiva come si farebbe con un cortometraggio. In quegli anni nacquero anche i primi festival nazionali, mentre la FIAP (Fédération Internationale de l’Art Photographique) riconobbe ufficialmente l’audiovisivo fotografico come sezione autonoma nel panorama delle arti fotografiche.
La rivoluzione digitale
Con l’avvento del digitale, la pratica del diaporama si è evoluta profondamente. Le macchine per diapositive sono state sostituite dai computer che gestiscono totalmente la modalità di editing dell'audiovisivo.
Si diffondono software dedicati come m.objects, PTE AV Studio e l'eccellente Photodex Photo Producer (programma con cui ho iniziato, oggi non più supportato). Molti utilizzano anche strumenti professionali come DaVinci Resolve (il mio preferito) o Adobe Premiere, che permettono una cura cinematografica del montaggio.
Se da un lato si è perso forse un po’ del fascino artigianale dei vecchi proiettori, dall’altro si è guadagnata libertà creativa assoluta: transizioni complesse, editing sonoro, effetti visivi, sincronie perfette.
L’audiovisivo fotografico è così entrato nel nuovo secolo con nuove potenzialità espressive, profondamente efficaci. Oggi è una modalità espressiva ibrida e versatile che, di fatto, non richiede grandi mezzi tecnici, ma presuppone un ritmo narrativo coinvolgente e, ovviamente, una storia da raccontare.